
Palazzo Acerbi, la “casa del Diavolo” 👿
La Ca’ del Diàul, ovvero Palazzo Acerbi
Corso di Porta Romana,3. In questa via si narra che il seicentesco Palazzo Acerbi, fu per un tempo la dimora del Diavolo in persona.
Il primo proprietario del Palazzo Acerbi fu nel 1577 Pietro Maria Rossi conte di San Secondo, fino ai primi anni del Seicento (1615) quando fu acquistato dal ricchissimo marchese ferrarese Ludovico Acerbi che lo fece restaurare in stile barocco lombardo, visibile ancora oggi.
Chi era Ludovico Acerbi
Ludovico discendeva da una nobile famiglia ferrarese, trasferitasi a Milano fin dall’inizio del Cinquecento. Figlio di Bartolomeo Acerbi, era nato a Milano nella seconda metà del XVI secolo (presumibilmente fra il 1565 ed il 1570). Dopo essersi laureato a Milano passò, assieme a suo fratello, al servizio della corona di Spagna.
I vicini di casa, componenti della ricca famiglia Annoni, entrarono in competizione con lui scatenando una gara a chi riusciva a rendere il proprio palazzo più sfarzoso.
Il marchese Acerbi, abitò qui proprio durante gli anni in cui la peste descritta da Manzoni nei “i promessi sposi” colpì Milano causando moltissime morti.
Ma non agli abitanti dello stabile che, anzi festeggiavano noncuranti con feste e passeggiate in carrozza…
si diceva che Acerbi rendesse immune dal morbo chiunque gli stesse accanto.
La gente stremata passava sotto al palazzo e sentiva la musica, le grida e poi lo vedeva uscire la sera, con una carrozza tirata da sei cavalli neri pomposamente scortato da sedici staffieri sbarbati e in livrea verde dorata (il nero e il verde sono considerati i colori del diavolo) o affacciarsi alla sesta finestra del primo piano.
E fu proprio alla fine della peste che tutti si resero conto che gli unici rimasti totalmente immuni erano proprio gli abitanti di Palazzo Acerbi.
Le fantasie di quel tempo, dettate dal terrore e dalla superstizione, portano alla diceria che nel palazzo vivesse proprio satana.
Il diavolo però non riuscì a proteggere Acerbi dalla venuta di Napoleone che gli tolse il titolo e lo mandò a trascorrere i suoi ultimi giorni nella natia Ferrara dove ancora oggi abitano i suoi discendenti.
Questo stesso palazzo fu prima immune alla peste manzoniana, resistette poi ad una cannonata austriaca del 1848 portandone ancora i resti: all’esterno infatti è visibile una palla di cannone infissa nella facciata.
Uscì poi indenne anche dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.